giovedì 31 ottobre 2013

"Middlemarch", George Eliot

I classici corposi sono la mia passione per gli stessi motivi per cui il lettore medio di solito li snobba. Le mille e più pagine non mi spaventano, anzi sono un buon modo per affezionarsi ai personaggi e scoprire tutto di loro, il linguaggio pomposo e un po’ affettato dell’Ottocento mi affascina (vorrei poter usare ogni giorno parole come “redingote” o “cretonne”), le infinite digressioni sugli usi e costumi di un’epoca (pur ammettendone la pesantezza, sono pur sempre umana!) mi interessano moltissimo. “Middlemarch” è l’impresa del 2013. Si tratta di un romanzo in Italia forse poco conosciuto. George Eliot lo scrisse a partire dal 1869 e lo pubblicò dapprima a puntate (tra il 1871 e il 1872), vista la sua mole considerevole, e poi come opera unitaria nel 1874. La vicenda è piuttosto complessa. Si svolge nella città inventata di Middlemarch, nel cuore dell’Inghilterra rurale delle Midlands, tra il 1830 e il 1832, prima della riforma elettorale e dello scoppio della rivoluzione industriale. Tra i numerosi protagonisti, un ruolo centrale è affidato a Dorothea Brooke, una giovane donna benestante, piena di talento e di moralità. A essa sono dedicati sia il breve preludio che la conclusione dell’opera, in cui viene paragonata all’indomita Santa Teresa d’Avila. Dorothea contrae un avventato matrimonio con un anziano e malato studioso, Mr. Casaubon, attratta dall’istruzione e dal sapere che spera egli le infonderà, e dall’ammirazione per l’opera che egli sta scrivendo da anni e a cui essa spera di partecipare in qualche modo. Ben presto si renderà conto non solo dell’infondatezza delle proprie speranze, ma anche dell’assoluta indifferenza del marito e, desiderosa di amore e affetto, verrà invece attratta dal di lui cugino, Will Ladislaw, un giovane idealista e vagabondo, alla ricerca di se stesso. Tra i due nasce una bella amicizia che potrebbe diventare amore alla scomparsa di Casaubon, ma questi, straziato dalla gelosia, inserisce nel proprio testamento una postilla che rende impossibile l’unione tra Dorothea e Will. Ma Middlemarch è popolata anche da altri personaggi, di varia estrazione sociale, i cui destini si intrecciano con quello di Dorothea: i Vinchy sono ricchi borghesi, molto goderecci e modaioli. La bellissima figlia Rosamond sposa un medico, Mr. Lydgate, per salire nella scala sociale, pur non amandolo; il figlio Fred invece spera di arricchirsi ereditando denaro e non sa quello che vuole fare della propria vita. Ci sono poi i buoni Garth, strenui lavoratori sempre alle prese con problemi economici, il parroco Mr Fearbrother, che mantiene la madre e le zie e per arrivare a fine mese gioca per soldi a carte. Middlemarch è insomma un universo composito e ricco, pieno di umanità e vizi, di brava gente e di figure losche. Dietro le vite impeccabili dei suoi cittadini si nascondono i peggiori peccati, anche quando questi sono certi di agire in piena buona fede e secondo le ipocrite regole dell’Inghilterra rurale.
Il romanzo porta il sottotitolo “Uno studio di vita provinciale” ed in gran parte è proprio questo. La Eliot interviene spesso in modo diretto nella narrazione, commentando le gesta dei protagonisti, come se fosse un’insegnante che commenta una lezione. Anche il linguaggio esprime questo spirito educativo e contribuisce a rendere l’opera particolarmente realista (se si escludono i personaggi buffi di Mr. Brooke e della piccola Miss Noble). I temi che vengono trattati, e che sono imprescindibili dall’intreccio, sono la morale, la religione, la scalata sociale e l’ipocrisia delle convenzioni borghesi, l’avvento della tecnologia in una società rurale, le riforme politiche, il ruolo della donna e come esso si evolve con il matrimonio. Specialmente su questo punto Eliot insiste parecchio. Dorothea è una donna molto moderna (se escludiamo la sua religiosità estrema), che anela a emanciparsi, a crescere e a prendere in mano il proprio destino, specialmente dopo aver sperimentato l’opprimente condizione di moglie di Mr. Casaubon. Eppure proprio sul finale qualcosa sembra andare storto perché Dorothea sacrificherà di nuovo le proprie ambizioni per amore. Questa è una delle critiche che più spesso vengono mosse al romanzo, ma dobbiamo pur sempre ricordare che si tratta di un’opera di fine ‘800, e personalmente l’ho trovata estremamente moderna e diversa rispetto ai soliti romanzi dell’epoca. La mia impressione è stata che laddove finiscono le grandi storie d’amore delle sorelle Brönte o di Jane Austen, lì comincia “Middlemarch”, svelandoci cosa si nasconde dentro i bei palazzi dei ricchi, dentro i cottage decadenti dei poveri, e soprattutto cosa accade alle nostre eroine una volta che si ritrovano con la fede al dito e costrette a fare figli e a rinunciare alle loro esistenze come donne, per diventare “mogli”.
Uno splendido romanzo inglese, pieno di pizzi e tazze di the, lacrime e amori cavallereschi, seppure ben più realistico e meno idilliaco di quanto di certo avete letto fino ad ora e di quanto mi aspettavo. Come tutti i “libroni” va affrontato con pazienza: se si resiste alle prime 100-150 pagine senza abbandonarlo, poi non lo si può più lasciare.

2 commenti:

  1. Ciao, mi chiamo Francesca. Piacere!
    Ho scovato il tuo blog per caso, e ho notato che abbiamo gusti per la lettura piuttosto simili. :)
    Personalmente non ho mai letto Middlemarch, ma per come ne hai parlato mi incuriosisce parecchio!! Tra l'altro i classici della fine dell'ottocento/inizio novecento sono sempre i miei preferiti, quindi non posso che mettere questo titolo nella lista desideri, e acquistarlo il prima possibile!! Grazie per la dritta :)

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    1. Ciao Francesca! Sono sempre molto felice quando Letture Precarie invoglia le persone a leggere uno dei libri che mi sono piaciuti! Se ti piace il "fine Ottocento/inizio Novecento" allora "Middlemarch" lo devi provare! sicuramente è qualcosa di diverso dal solito. Continua a seguire il blog! spero che ti faccia scoprire altri libri!

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