lunedì 4 marzo 2013

"Pastorale americana", Philip Roth

"...Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di avere ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite... Beh, siete fortunati."
Sono seria. "Pastorale americana" è uno dei libri più complessi, profondi e belli che abbia letto da molti anni a questa parte. Si tratta di una lettura pesante e difficile ma che alla fine vi lascerà davvero molto.
Seymour Levov, detto lo Svedese, è un uomo perfetto: campione sportivo del liceo, marine, sposato con una reginetta di bellezza e proprietario di una fabbrica di guanti di successo. Cosa potrebbe desiderare di più e di meglio per sé e per la propria perfetta famiglia, da ebreo americano? Tutto sembra speciale nella sua vita, sulla sua testa e su quella dei suoi cari sembra splendere sempre il sole. Ma lo scoppio della guerra in Vietnam coinciderà con la lenta e disastrosa deriva non solo della sua famiglia, ma dell'intero sogno americano. Merry, la sua adorata figlia, deciderà di portare in casa la guerra, devastando per sempre le perfette vite dei Levov. Roth chirurgicamente seziona, pagina dopo pagina, la vita dello Svedese e smembra, senza alcuna pietà, tutti i cliché e le illusioni della borghesia americana, destabilizzandola, smontandola, togliendole il suo bell'intonaco perbenista per lasciare solo le crepe di una struttura irrimediabilmente in declino. Levov è cresciuto nelle aspettative generali delle persone che lo circondano e ha costruito un'esistenza intera sui valori borghesi, tentando in ogni sua azione di fare sempre ed esattamente ciò che gli altri si aspettavano da lui. Ma ben presto dovrà fare i conti con le false basi su cui ha allestito il suo teatro di perfezione: il dolore, lo sfacelo di una vita distrutta si abbatteranno su di lui che però, a causa di tutte le costrizioni sociali che ha sempre accettato, si ritroverà ad essere "Un uomo che non arriva mai a scoppiare, che affonda e basta"
Dopo aver letto questo libro sono seriamente sconcertata dalla mancata assegnazione (che si perpetra ogni anno) del premio Nobel per la letteratura a Roth. L'uso affilato della parola, la complessità delle sue strutture narrative, la profonda critica sociale che le sue pagine contengono, non sono prettamente relazionate ad una visione "americana" del mondo (come asserito dall'Accademia Svedese). Roth ci parla dei valori e delle contraddizioni su cui gran parte del mondo occidentale è fondato, pur prendendo ad esempio il contesto statunitense, in cui maggiormente e precocemente rispetto all'Europa il declino della borghesia è cominciato.
Non mi sento di esagerare marcando questo lungo romanzo come un capolavoro indiscusso della letteratura mondiale. Una lettura necessaria.

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