domenica 30 dicembre 2012

"Un karma pesante", Daria Bignardi

Devo ammettere di aver iniziato "Un karma pesante" con una certa dose di scetticismo ma anche con molta curiosità. Non avevo mai letto nulla di Daria Bignardi e se da un lato il binomio "personaggio televisivo-scrittore" mi fa sempre istintivamente arricciare il naso (sì, lo so, sono radical-chic!), dall'altro ero certa che da ottima lettrice e donna acuta che è, sicuramente qualche sorpresa me l'avrebbe riservata. Ed infatti, nonostante qualche imperfezione (alcuni aspetti della vita della protagonista sono trattati in modo fin troppo sbrigativo, considerando invece la loro importanza nell'economia della storia), si tratta di un bel romanzo.
Eugenia è la voce narrante e la protagonista assoluta di questo flusso di coscienza. Pur essendo una regista affermata e avendo una splendida famiglia, l'esistenza di questa donna è contraddistinta da un profondo senso di paura, di insoddisfazione, di vuoto, fin dalla giovinezza. La causa delle sue insicurezze ci viene svelata pagina dopo pagina, nel racconto del suo tumultuoso passato, del suo difficile rapporto con la famiglia e le sue autodistruttive relazioni con gli uomini. La Bignardi dipinge sapientemente un ritratto di donna che è innanzitutto veritiero. Eugenia è una donna spezzata, insicura e al contempo decisa, forte ma estremamente fragile, divisa tra le sue aspirazioni personali e il bisogno viscerale  di accudire se stessa e il proprio nido. E' insomma una donna in carne e ossa, un personaggio credibile proprio perché ricco di contraddizioni, dubbi, difetti. Perché è proprio questo che stupisce di più: Eugenia è una donna che a pelle sembra egoista ed egocentrica, opportunista e fredda. Eppure quando il suo pensiero viene sviscerato non rimangono che la sua umanità e la sua somiglianza con ogni donna. Infatti, molti dei pensieri, dei discorsi e dei dubbi che esprime, in particolare riguardanti il suo rapporto con Pietro e con il suo lavoro, almeno una volta li ho fatti anche io. E non credo di essere l'unica.
"Un karma pesante" è un bel romanzo, soprattutto femminile, e mostra uno stile maturo, curato e piacevole, da cui si evince l'amore e la passione della Bignardi per la parola stampata.

sabato 29 dicembre 2012

"L'inconfondibile tristezza della torta al limone", Aimee Bender

Poco prima del suo nono compleanno, Rose assaggia la torta al limone, glassata di cioccolato, che la madre ha preparato per lei, e rimane annichilita dalla tristezza, dall'insoddisfazione e dal senso di vuoto che le pervadono la bocca. Rose scopre così il suo particolare talento, il suo dono speciale: la capacità di sentire nei cibi il sapore dei sentimenti provati da coloro che li hanno cucinati. Attraverso le papille gustative della bambina, Aimee Bender ci guida attraverso i più inconfessabili segreti delle famiglie per bene americane, scava sotto la corazza del perbenismo e dei sorrisi stampati, per giungere alle insoddisfazioni e alle taciute verità che sotto di essa si annidano. Il vero volto della famiglia di Rose, i cui membri diligentemente ogni sera si riuniscono attorno al tavolo della cena, comincia via via a palesarsi alla ragazzina che seguirà, attraverso il cibo che ingurgita, l'evolversi dei loro sentimenti profondi, che da sempre si nascondono l'un l'altro. La tipica famiglia americana felice che incarnano alla perfezione, boccone dopo boccone, inizia a prendere le sembianze di un gruppo male assortito di persone che non hanno nulla in comune né qualcosa da condividere, ma che sono costrette da legami invisibili a rimanere unite da legami indissolubili. 
La scrittura frizzante di Aimee Bender è trascinante ed è stata una vera e propria boccata di aria fresca. La storia, a tratti surreale, racchiude una profonda e critica analisi della famiglia tradizionale e anche dell'incolmabile divario tra il nostro mondo interiore e ciò che di noi proiettiamo all'esterno. Un divario tanto profondo da rendere la vita di Rose un vero inferno di scoperte indesiderate e di solitudine. 
Un romanzo profondo, agrodolce ed estremamente delicato che non può che farsi amare. Assolutamente da sperimentare.

giovedì 20 dicembre 2012

"Vergogna", J.M. Coetzee


David Laurie è un professore di letteratura all’università di Città del Capo che conduce una monotona e rispettabile vita da uomo di mezza età, divorziato, che si divide tra attività accademica e l’ambizioso progetto di un’opera in musica e versi sulla vita di Byron. Generalmente risolve le sue impellenze sessuali affidandosi a prostitute di alto bordo, ma un giorno riesce a concupire una giovane studentessa del suo corso, Melanie Isaacs, trascinandola in un affaire ambiguo, che presto assume i contorni di una vera e propria violenza. La giovane donna, col sostegno del fidanzato e del padre, denuncia Laurie per molestie e il professore, ostinato nella propria mancanza di pentimento, viene allontanato dalla propria cattedra e si rifugia presso la fattoria di sua figlia Lucy, una donna sola che tira avanti con il duro lavoro nei campi e un piccolo rifugio per cani, con il solo aiuto di un affittuario, Petrus. Il destino, inesorabile, si realizza con un terribile contrappasso per David: tre uomini assaltano la fattoria e puniscono Lucy per la propria indipendenza, la sottomettono alle dure regole di un Sudafrica ancora dilaniato dall’odio e dalla povertà, la obbligano a sottostare al tacito potere di un sempre più forte Petrus.
“Vergogna” è un romanzo complesso, profondo e, soprattutto, terribilmente doloroso. Ciò che maggiormente colpisce è la totale assenza di speranza che permea l’intera opera. La storia si svolge in un mondo che lentamente sta marcendo e che non ha modo di essere guarito, ci sono solo vite che vanno abbandonate al loro triste destino di miseria. L’unico luogo che sembra affidarsi alla giustizia e all’etica è l’Ateneo che caccia Laurie, ma, proprio perché circondato da un così oscuro scenario, anch’esso perde in credibilità e comincia ad apparire ben presto come una mera messinscena perbenista. Emblema di questo cosmo privo di speranza sono i cani della clinica dove David lavora, che lentamente vengono soppressi perché non c’è un posto per loro nel mondo e che il protagonista non può salvare, può solo accompagnare al triste trapasso con tutta la pietà e la dolcezza di cui è capace. La stessa disgrazia di Lucy e la storia della sua fattoria sono simbolicamente rappresentative della storia di un Paese post-apartheid che non riesce a superare il suo passato coloniale e a trovare un equilibrio al suo interno, ma che riesce solo nella cieca vendetta a trovare uno sfogo alle proprie miserie.
Proprio per la sua intrinseca complessità e per il dolore e l’angoscia che traspaiono da ogni parola, quest’opera del premio Nobel J.M. Coetzee non è di certo di facile lettura. Sicuramente sconsigliato a chi è sensibile alle violenze sugli animali e sulle donne. Per tutti gli altri un ottimo spunto di riflessione sulla condizione umana e sulla decadenza delle società post-coloniali.